Pasqua a Caltabellotta 2006

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La corsa e la ballata durano quasi ininterrottamente fino al tardo pomeriggio di Pasqua, quando in piazzale Lauria, nell’incanto di uno dei più bei posti del mondo, San Michele è il protagonista di una toccante rappresentazione. Egli si reca, infatti, dalla cattedrale dove c’è il Cristo Risorto in tutta la sua maestà, corona in testa e spiga in pugno, nella vicina chiesa del Salvatore dove c’è la Madonna velata di nero che ancora piange il Figlio morto e non sa che l’Annunzio si è compiuto, che Egli è risorto e ha vinto per Sé e per noi la morte. San Michele a Lei reca la notizia più straordinaria della storia dell’umanità. Poi torna indietro. Forse la Madonna ha manifestato dei dubbi ed egli stesso, che pure ha visto il sepolcro vuoto, le bende per terra, la pietra rotolata via, è preso da qualche incertezza. Sempre scortato dai ragazzi, sempre con la banda e le sammichelate, più volte “lu gigliu” va avanti e indietro fra le due chiese, danzando in modo frenetico – richiami dionisiaci di antichi tempi pagani, correndo fra la gente, dando l’impressione che un momento all’altro la vara possa sfuggire dalle mani dei portatori per sfracellarsi in mezzo alla folla che fende e che si ritrae preoccupata gioiosa. Poi la Madonna si convince, esce ancora con il suo velo nero e va incontro al Figlio risorto, con l’Arcangelo che le sta accanto in atteggiamento di filiale devozione. Al centro del piazzale Lauria, Madre e Figlio si incontrano, il velo nero viene tirato giù, i colombi prendono il volo la gente applaude viene sparato il giuoco di fuoco. Ogni anno viene rappresentata la stessa gioiosa sequenza, senza cambiare mai nulla, ma è come se sempre fosse nuova, come se la gente avesse curiosità di sapere come va a finire. E nella tradizione San Michele da comprimario diviene protagonista. San Michele è un guerriero, guida le legioni degli angeli fedeli a Dio contro quelli che, Lucifero in testa, si sono ribellati. San Michele ha ucciso il drago e fin dal primo Medio Evo ha accompagnato tutti gli eserciti cristiani quando ancora si era convinti che l’aggettivo fosse conciliabile con la parola guerra. Anche a Caltabellotta San Michele ha la lancia, l’elmo e la corazza. Ma ha il viso di bravo ragazzo è lu gigliu, è rosetta, è lu santo dili picciotti schietti, non può essere un guerriero. San Michele è la gioia, la giovinezza, la bellezza della primavera che risorge, è un inno alla vita. Eppure una battaglia tempo fa a Caltabellotta San Michele l’ha combattuta e vinta: quella con San Sebastiano che fino agli anni quaranta con l’arcangelo si spartiva il paese a metà, diviso proprio tra sanmichelara e sanbastianara.  San Michele ha vinto e tutto il paese ora è con lui. Lo osanna, lo fa correre, lo fa ballare e in qualche modo lo clona con i sanmicheluzzu di diverse dimensioni portati in giro dai bambini più piccoli e dai ragazzini che sognano il momento nel quale potranno mettersi sotto le stanghette della vara grande. San Michele è nel cuore di tutti e specialmente dei caltabellottesi che vivono fuori.

 di Calogero Pumilia

                     

Foto Accursio Castrogiovanni

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